L’inesorabile fine del “Mezzogiorno”

Desertificazione demografica. Possono due parole apparentemente innocue trasmettere una tale opprimente angoscia e impotenza? Eppure, questa stessa afflizione che ci pervade ogni qualvolta scandiamo queste due parole una vicina all’altra non sembra turbare la classe dirigente italiana, che, anzi, non ne ha mai dato risalto, sfidando impunemente Costituzione, etica e moralità.

Il Sud Italia si avvia verso una rapida desertificazione demografica. Fatevene una ragione. Prendete familiarità con queste due paroline magiche perché nessun talk show ve le sbatterà sul muso, e nessun telegiornale ci dedicherà più di qualche minuto per una o due volte l’anno. Eppure i dati sono impietosi e descrivono a pieno la devastante deriva nella quale si dirige questo “paese”. Il Mezzogiorno continua a svuotasi inesorabilmente: in testa a questa crudele classifica troviamo Napoli, seguita a ruota da Palermo, Bari, Caserta, Catania, Foggia e così via. Di contro, città come Roma, Milano, Bologna, Parma, Reggio Emilia e Torino continuano a crescere, e a ringiovanire, assorbendo anno dopo anno quella linfa vitale bruscamente sottratta al Sud.

La massiccia emigrazione di giovani meridionali sconvolge da decenni le dinamiche sociali del paese, determinando un inaspettato ringiovanimento del Nord a scapito di un Sud sempre più “vecchio” e povero. Il substrato sociale di quest’ultimo è conseguentemente costretto a strappi generazionali irreversibili e a un impoverimento culturale perpetuo che mina le fondamenta stesse delle comunità meridionali, già ampiamente deteriorate dallo sviluppo indisturbato della criminalità organizzata.

Ma l’emigrazione, a quanto sembra, e come più volte rimarcato da autorevoli saggi, è un fattore costitutivo e inalienabile per questo strampalato paese. Il fenomeno esplose definitivamente proprio a ridosso dell’unificazione d’Italia, con le regioni settentrionali prima, e quelle meridionali poi, costrette ad emigrare per fuggire dalle precarie condizioni socio-economiche del neo nato Regno d’Italia. Un’emigrazione che si è spesso rivelata funzionale alla causa, determinando la crescita del paese che trasse profitto dall’esportazione al nord di forza lavoro, e il conseguente ammortamento della Questione Meridionale, e l’inaspettato indotto garantito dalle rimesse degli italiani emigrati all’estero (vai all’articolo per approfondire), vero e proprio motore per lo sviluppo del triangolo industriale costituito dal Milano, Torino e Genova.

Dal 2001 al 2014, solo per analizzare due numeri, sono emigrati dalle regioni del Sud a quelle del Centro-Nord ben 1 milione e 667 mila persone, ognuna con la sua storia, ognuna con il suo pesante carico di angosce, di tormenti e di umiliazioni. L’Italia è un’entità grottesca, disinteressata e sempre più iniqua: secondo le previsioni Istat, entro il 2065 il Centro-Nord accoglierà il 71% dei residenti italiani mentre il Sud ne ospiterà solo il 29%, contro l’attuale 34%.

A conti fatti, se questa tendenza non verrà sovvertita, se questa maledetta emorragia non verrà in qualche modo rimarginata, il Sud si ritroverà coinvolto in un declino inesorabile che la condurrà per mano verso lo spettro della desertificazione demografica.

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Antonio Corradini

Giornalista pubblicista e caporedattore di Identità Insorgenti. Diplomato all’istituto tecnico A.Volta, dopo due anni alla facoltà di Fisica della Federico II si trasferisce al Nord nel 2008 per lavoro. Durante la sua decennale condizione di migrante si avvicina al mondo meridionalista e alle tematiche del Sud fondando la testata online IlVaporetto.com, continuando, anche da lontano, a coltivare il suo amore viscerale e incondizionato verso la città di Napoli. Appassionato di storia antica, di mitologia, di arte, di scienze e collezionista zelante di libri, musica e film. Avverso ad ogni forma di discriminazione, attivista, ambientalista, strenuo difensore dell’identità partenopea e strenuo sostenitore dell’associazionismo dal basso, collabora con una fitta rete di realtà del territorio allo scopo di valorizzare e salvaguardare l’immenso patrimonio culturale partenopeo.